Meno lavoro a Italiani, più lavoro a stranieri

“Prosegue la riduzione su base annua degli occupati Italiani (-492.000 unità), mentre continua la crescita dell’occupazione straniera…” Lo dice oggi Istat, presentando i dati del primo trimestre 2013 sul mercato del lavoro. No comment. “Il numero dei disoccupati, pari a 3.276.000, è in ulteriore forte aumento su base tendenziale (17,0%, pari a +475.000 unità). L’incremento, diffuso su tutto il territorio nazionale, interessa in oltre 6 casi su 10 le persone con almeno 35 anni. Il 55,2% dei disoccupati cerca lavoro da un anno o più. Il tasso di disoccupazione trimestrale è pari al 12,8%, in crescita di 1,8 punti percentuali rispetto a un anno prima, mentre il tasso di disoccupazione dei 15-24enni sale al 41,9% (6,0 punti percentuali in più nel raffronto tendenziale). Nel primo trimestre 2013, il numero di occupati diminuisce di 410.000 unità rispetto a un anno prima.” Testo integrale e nota metodologica consultabili qui http://www.istat.it/it/archivio/91565

Gulliver

Anche senza viaggiare ci si può sentire come Gulliver. Sai quando sei lì vincolato da migliaia di piccoli laccetti che ti bloccano sempre nella stessa posizione? Allora bisogna partire dal primo che ti capita a tiro e… via uno! E poi proseguire metodicamente con tutto il resto, uno dopo l’altro. Oppure un bel colpo di mano e ciao. Il movimento è possibile solo se c’è spazio di manovra. E poi via, liberi come il vento. Sono proprio come quel lumpenproletariat di cui parlava il tizio del capitale: non ho niente da perdere se non le mie catene.

Quanti di me?

Quanti di “me” possono accettare gli altri? Uno serio, uno matto, uno allegro, uno triste, uno di destra, uno di sinistra, uno anarchico, uno mistico, uno eretico ecc. Quanti che uno può buttare fuori anche tutti insieme. E la gente resta lì, stranita. Non capisce più chi sei “realmente”. Sono sempre io, declinato in modalità diverse di espressione. Ma bisogna essere coerenti come persone? Io non trovo coerenza estrinseca in quello che mi sento di essere e fare. Sono e faccio quello che sento, per coerenza intrinseca. Se uno si toglie di dosso per un po’ di tempo l’abito da lavoro (qualsiasi costume di scena va bene), si accorge che iniziano a sciogliersi i lacci del “me”, che diventa fluido. E non c’è più contraddizione fra i quanti che si dice e si agisce. Provare per credere. In realtà il ruolo è tanto comodo: non richiede sforzo, é riconoscibile e decodificabile a colpo d’occhio, non serve stare lì a spiegare, chiarire, puntualizzare, si sa subito chi sei e cosa sei lì per fare. Il me fluido invece sguscia sempre via dalle mani. Ma è trasparente. Parole… Onoro il braccio che muove il telaio, onoro la forza che muove l’acciaio.

Pro loco

Non so come mi è venuto lo schizzo di chiedere amicizie alle pro loco. Su facebook. Ho (ri)scoperto un mondo. Ce n’è ancora di molto attive. E viva i piccoli comuni! Mille e mille e tutte belle iniziative, costruite sulla base dell’impegno volontario dei cittadini. Chissenefrega dei colori delle amministrazioni. Sono giovani e anziani, maschi e femmine, tutti insieme. Gruppi folcloristici, bande musicali, spettacoli, eventi di autentica “cultura popolare”. E poi mi sono ricordato che anch’io suonavo nella banda del paese. Dove ho imparato il solfeggio cantato e ho conosciuto il primo amore… Che non si scorda mai, come le nostre tradizioni. Le tradizioni dei territori sono vive. E’ da questa Italia che dobbiamo e possiamo ripartire. La pianta (ri)cresce, bagnando le radici. E, come diceva Papà Cervi, “dopo un raccolto se ne fa un altro”.

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Salute, malattia, esperienza, cura, diagnosi, terapia, vita, coscienza, spazio, fluidità, caos, droga, alcol, ribellione, gabbia, sistema, qua, là, sensazione, depressione, ansia, asse, tristezza, allarme, umani, umano, amputazione, rituale, star, statistica, probabilità, sciamano, mondi, analogico, orecchio, resto, colori, mondo, abdicazione, corpo, anima, collettivo, estranei, individuale, basta. Paura, autentico, codice, posizione, complessità, responsabilità, cose, chiaro, niente, libertà, spirito, pratica, risonanza, potere, Dio, sé, trascendenza, mano, intelletto, peso, vivere, scienza, estraniazione, controllo, timone, nave, rischio, sofferenza, fare, noi. Teriantropia.

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Confindustria, in che secolo sei rimasta?

Ieri sera rientravo a casa sul tardi e sento su Radio 24 degli estratti dal discorso di Squinzi. OK, non l’ho sentito tutto e potrebbe aver detto delle cose opportune proprio nei passaggi che la radio ha deciso di non trasmettere. Ma dire che “la manifattura è il volano della crescita” mi sembra di essere tornato ai tempi di Carlo Marx e delle fabbriche di Manchester. Non so, c’è qualcosa che non mi torna. Ho lasciato Confindustria quasi 15 anni fa e mi sembra sia tornata indietro di 200 anni. Fossi un imprenditore e avessi il microfono in mano non esiterei a dire: “Stato, o fai qualcosa di sensato o chiudiamo le aziende”.

Aggratis non lavoro più

Oggi vado a una riunione per discutere dell’organizzazione di un mega evento da farsi rigorosamente a Milano ecc. ecc. Dopo un’oretta di condivisione amorevole di idee, faccio una domanda banale: “a noi cosa ne viene in tasca?” Dico noi perché lì dov’ero rappresentavo anche una mia creatura mediatica, che sembra piacere a tutti, quando è gratis. Si gela l’ambiente. Imbarazzo, anche mio. Come quando arriva uno che rovina la festa. Che cosa ho fatto di sbagliato? Era inteso che si lavorava gratis? O ci ho proprio scritto “pirla” sulla fronte? Stranezze dell’oggi. Beh io aggratis non lavoro più.

Inglese? No, grazie

Bene. Grazie al Tar, il Politecnico di Milano non può decidere in tutta autonomia la propria “lingua ufficiale”. Si dà il caso che avrebbe scelto non il polinesiano o lo swahili, ma l’inglese, che sembra essere il valore di scambio universale nel mondo della scienza e nel mondo del lavoro. Peccato. Ci siamo persi un altro treno. Quanti ne vogliamo perdere ancora prima di deciderci a risalire la china? Qualche professore del Poli dice che gli studenti “non coglierebbero le sfumature”. Mah, secondo me – come diceva Alberto Sordi – chi non sa viaggiare stia a casa. Se non sei in grado di sostenere due ore in inglese di fronte a un’aula di studenti Italiani, lascia perdere, libera la cattedra. Che poi, fino a prova contraria, la matematica non ha mai guardato in faccia né alla parlata né alle “sfumature”. Raccontala come vuoi, ma y=f(x) sempre così si scrive. E viene fuori sempre la stessa curva, in Italiano, come in inglese, in swahili, in polinesiano ecc. Poveri noi… Diverso sarebbe per la Poesia Italiana. Ma questa non si insegna al Poli, fino a prova contraria.

Rinuncio a…

“Satana!” diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. Rinuncio a: vacanze e divertimenti (89% degli Italiani), abbigliamento (88%), spese per la casa (82%). Fin qui, potrebbe essere un atto virtuoso. Ma anche ad alimentari (65%) e cure mediche (43%). Ahia, siamo messi proprio male allora. Lo dice un sondaggio Swg diffuso in queste ore.

Prosegue indagine Italiani disponibili a lavorare. Già un successo la partecipazione

Entusiasmante! State rispondendo in moltissimi al “survey” messo in rete solo ieri. L’indagine sulla disponibilità a lavorare degli Italiani prosegue: a questo punto mi piacerebbe raggiungere il maggior numero di cittadini possibile. Fatevi sotto allora e datemi una mano a diffondere il sondaggio, per favore. Possiamo dire la nostra su un tema di stringente attualità, che tocca proprio tutte le famiglie, semplicemente rispondendo a poche domande: ho visto che bastano solo 60 secondi, in media, per rispondere.

Clicca qui per partecipare al sondaggio

Prime elaborazioni… Continua a leggere